Disturbi alimentari: quanto sono diffusi e quali sono le età più a rischio

I disturbi alimentari patogeni (DAP) sono caratterizzati da un’alterazione delle abitudini alimentari che possono manifestarsi in diverse modalità a seconda del comportamento disfunzionale che viene messo in atto.

I principali e più conosciuti sono:

Ma ne esistono altri, meno conosciuti, come:

  • La pica, caratterizzata dalla ingestione persistente di sostanze non commestibili e senza contenuto alimentare,
  • Il disturbo da ruminazione, in cui il cibo viene ripetutamente rigurgitato e successivamente può essere rimasticato, ringoiato o sputato,
  • Il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, che implica uno scarso interesse nel cibo e il rifiuto di consumare cibi con determinati colori, consistenze o odori.

Quanto sono diffusi i disturbi alimentari?

Dalla seconda metà del 1900 il mondo occidentale è stato teatro di profondi cambiamenti storici e politici. Ci sono state importanti trasformazioni nella vita sociale e, di conseguenza, anche l’espressione del disagio psichico è mutata, adeguandosi al contesto socio-culturale.

È in questo scenario che le paure e i conflitti cominciano ad essere veicolati nel rapporto con il cibo, delineando un progressivo aumento dei disturbi alimentari.

Secondo l’ultimo rapporto Eurispes in Italia ne soffrono oltre 2 milioni di persone e ogni anno si registrano circa 9.000 nuovi casi. 

Per quanto riguarda l’anoressia nervosa la prevalenza riguarda principalmente le giovani di sesso femminile e si attesta intorno allo 0,4%

Nei maschi il disturbo è molto meno comune, con una popolazione clinica che, in genere, riflette un rapporto femmina-maschio di 10:1. Un rapporto che si modifica sensibilmente durante l’adolescenza in cui aumenta il numero dei maschi che ne soffrono.

Sebbene negli ultimi decenni alcuni studi riportino un incremento dell’incidenza dell’anoressia, i dati raccolti in diversi paesi del mondo affermano che la sua diffusione sia piuttosto costante nel tempo. 

Anche nella bulimia nervosa la prevalenza, che è dell’1-1,5%, riguarda principalmente la popolazione femminile. La sua diffusione è più alta tra i giovani adulti, il picco si verifica infatti nella tarda adolescenza e nella prima età adulta. 

Si hanno meno informazioni sulla prevalenza della bulimia nervosa nei maschi, trai quali questo disturbo è molto meno comune, con un rapporto femmina-maschio di circa 10:1.

Rispetto all’anoressia la diffusione della bulimia sembra essere in continuo aumento e ha cominciato ad interessare anche una fascia di età più matura.

Per il disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating Disorder) il DSM-5 (la quinta edizione del Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali) riporta la prevalenza tra gli americani adulti. Essa si attesta sull’1,6% per le femmine e 0,8% per i maschi.

Rispetto alla bulimia nervosa il rapporto di genere risulta molto meno asimmetrico ed è maggiormente diffuso tra le persone che richiedono un trattamento per la perdita di peso rispetto al resto della popolazione.

La diffusione dei disturbi alimentari meno conosciuti (pica, disturbo da ruminazione, disturbo evitante/restrittivo) è poco definita e non specifica e, soprattutto per quanto riguarda la pica e il disturbo da ruminazione, risultano comunemente più frequenti negli individui con disabilità intellettiva.

I disturbi alimentari difficilmente si presentano da soli. Nella maggior parte dei casi sono associati ad altre patologie come, ad esempio, i disturbi d’ansia o la depressione, ma anche ad alcuni comportamenti autolesivi.

Harris e Barraclough (1998) hanno analizzato la gravità dei disturbi alimentari evidenziando l’anoressia nervosa come il disturbo mentale con il più alto tasso di mortalità. Questo dato è stato confermato anche da ricerche successive (Birmingham et al., 2006) secondo le quali negli Stati Uniti i disturbi alimentari sono ancora oggi la prima causa di morte per malattia mentale.

In Italia gli studi effettuati in questo ambito sono minori e principalmente a carattere regionale, ma i dati che emergono non si discostano molto da quelli internazionali.

I dati generali sulla diffusione risultano però ampiamente sottostimati poiché riguardano solo i casi clinici trattati, mentre studi specialistici hanno calcolato cifre 4 volte più alte. 

Quali sono le età ritenute più a rischio?

L’età più critica per l’insorgenza di un disturbo alimentare è solitamente compresa tra i 15 e i 25 anni e riguarda prevalentemente la popolazione femminile.

I dati degli ultimi 30  anni riportano un deciso abbassamento dell’età di insorgenza del problema arrivando a raggiungere un esordio che si attesta attorno agli 11-13 anni.

L’esordio in età infantile è più raro anche se negli ultimi anni si è assistito ad un certo aumento, specialmente per quanto riguarda l’anoressia nervosa, con insorgenza precoce già a 7 anni. In questi casi le preoccupazioni per il peso e l’attenzione al cibo sono simili a quelle degli adolescenti, mentre sono molto più rari i casi di induzione del vomito, di crisi bulimiche e di abuso di diuretici e lassativi.

I casi di esordio tardivo si hanno solitamente tra le donne sopra ai 40 anni. Se l’aumento di peso che può verificarsi in questo periodo, magari a seguito della menopausa, viene contrastato con diete e abitudini inappropriate può favorire l’insorgere di una bulimia nervosa. Molto più rari sono invece i casi di anoressia.

Un’eccessiva preoccupazione verso il peso, una distorta percezione della forma del corpo che sfocia in una patologia alimentare compromette notevolmente la salute fisica e mentale di chi ne soffre rendendo problematico anche il suo funzionamento psicosociale.

Solo il 10% di chi soffre di un disturbo alimentare patogeno chiede spontaneamente aiuto.

Molto spesso il problema viene sottostimato o addirittura negato da chi ne soffre con la conseguenza di ritardare l’accesso alla terapia.

La diagnosi spesso arriva solo quando il disturbo provoca delle conseguenze fisiche evidenti.

A volte è molto difficile accettare l’idea di avere un problema alimentare, ma riuscire ad ammetterlo è il primo passo verso la guarigione.